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Messaggio  Ladyhawke Dom 23 Mar 2008 - 22:22

Letteratura orale e letteratura scritta
Il componimento verbale può essere sia orale che scritto. Benché oggigiorno si tenda a considerare letteratura solo l'insieme dei componimenti verbali scritti, numerose culture hanno avuto ed hanno tuttora una ricca letteratura orale la cui conservazione e trasmissione è stata affidata a figure istituzionali. Ad esempio gli amusnaw della letteratura berbera della Cabilia o i druidi della letteratura celtica.


Le forme della letteratura
In base alla forma del componimento verbale la letteratura si distingue in:

poesia
prosa
teatro
Se il componimento verbale è in versi si parla di poesia. Se invece il componimento verbale non è in versi si parla di prosa. Il teatro invece può fondere insieme la poesia e la prosa e unirvi anche la musica, per questo si può considerare una forma d'espressione a parte.

Generi letterari

La letteratura si differenzia in vari generi. In particolare in quelli che sono considerati generi classici (nel senso di nobili) e in tutta una serie di generi contemporanei a connotazione ed uso più commerciale (quindi considerati spesso meno nobili) ai quali ci si riferisce con il termine letteratura di genere o, visto che si tratta in particolare di opere di narrativa, narrativa di genere.

I generi classici sono:

epica
elegia
lirica
narrativa
tragedia
commedia
satira
saggistica
storiografia
umorismo
I generi e sottogeneri della narrativa di genere sono invece:

azione/avventura
erotico
fantastico
fantascienza
fantasy
horror
giallo
noir
poliziesco
legal thriller
medical thriller
spionaggio
mystery
romantico
western
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Messaggio  Ladyhawke Dom 23 Mar 2008 - 22:30

...molti sanno che amo leggere...qualsiasi cosa...divoro quintali di libri...di ogni genere...vorrei condividere con voi questo immenso piacere.....il primo libro che ricordo di aver letto..


un mondo di libri Gran_s10


La storia

Un classico della narrativa contemporanea per ragazzi. La storia di due fratellini giapponesi sullo sfondo dell'esplosione della prima bomba atomica su Hiroscima. Un libro avvincente e un'occasione per riflettere sui valori della pace.



L'autore

Karl Bruckner (1906-1982) è uno dei più validi autori austriaci per ragazzi. "Il gran sole di Hiroscima", considerato ormai un classico moderno, ha ricevuto un gran numero di premi e riconoscimenti internazionali.
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Messaggio  Ladyhawke Dom 23 Mar 2008 - 23:36

..l'ultimo....il campo del vasaio di andrea camilleri.

un mondo di libri Copj1310

Su un terreno nei dintorni di Vigàta, buono solo per ricavarne creta per i vasai, viene trovato il cadavere di un uomo. Sfigurato, squartato, chiuso in un sacco affiorato dopo una forte pioggia. Non si sa chi sia lo sconosciuto, ma nel frattempo una donna del paese denunzia la scomparsa del marito, un colombiano di origini siciliane, imbarcato su navi di lungo corso che fanno la spola tra il Sud America e l'Italia. È a quel punto che il commissario Montalbano si ricorda del racconto del Vangelo - il tradimento di Giuda, il pentimento, i trenta denari scagliati a terra e poi utilizzati per comprare il "campo del vasaio" per dare sepoltura agli stranieri. Semplici coincidenze? Il corpo della vittima è stato smembrato in trenta pezzi, il terreno in cui è stato ritrovato è buono per i vasai, il colpo di pistola alla nuca nel codice d'onore sta a significare tradimento, senza contare che il morto era uno straniero. Ma le convergenze sembrano costruite con troppa arte e anche se il delitto ha tutte le caratteristiche di un omicidio di mafia, Montalbano sente odore di bruciato. I tradimenti nel romanzo non si contano: quello di Mimì, nei confronti di Beba ma anche dell'amico e "superiore" Salvo con cui sgomita per avere un ruolo da protagonista nelle indagini, quello di Dolores, la bellissima moglie del morto ammazzato, quello dello stesso commissario che è costretto a barcamenarsi tra segreti e bugie per giungere alla verità.


Andrea Camilleri, all'anagrafe Andrea Calogero, nasce a Porto Empedocle (AG), la futura Vigàta [1] dei suoi romanzi, nel 1925, figlio unico di Carmelina Fragapane e di Giuseppe Camilleri, ispettore delle compagnie portuali. Attualmente vive a Roma.

Dal 1939 al 1943, dopo una breve esperienza in collegio (si fece espellere lanciando delle uova contro un crocifisso), studia al liceo classico Empedocle di Agrigento dove otterrà, nella seconda metà del 1943, la maturità senza fare esami, poiché il preside decise che sarebbe valso il solo scrutinio a causa dell'imminente sbarco in Sicilia delle forze alleate. A giugno infatti inizia, come ricorda lo scrittore, "una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere di sangue, di paure"

Nel 1944 si iscrive alla facoltà di Lettere, non continua gli studi ma comincia a pubblicare racconti e poesie. Intanto aderisce al Partito comunista.

Dal 1948 al 1950 studia regia all'Accademia di Arte drammatica Silvio d'Amico e inizia a lavorare come regista e sceneggiatore. In questi anni, e fin dal 1945 ha pubblicato racconti e poesie, vincendo anche il "Premio St Vincent". Nel 1954 partecipa con successo a un concorso per funzionari RAI, ma non viene assunto perché comunista. Entrerà alla RAI qualche anno più tardi. Nel 1957 sposa Rosetta Dello Siesto dalla quale avrà tre figlie e quattro nipoti.

Nel 1958 è il primo a portare in Italia il teatro dell'assurdo di Beckett con "Finale di partita" al teatro dei Satiri di Roma e poi in televisione con Adolfo Celi e Renato Rascel. Comincia a insegnare al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.

Nel 1959 tra le molte produzioni RAI di cui si occupa ha molto successo una serie sul tenente Sheridan con Ubaldo Lay, più tardi poi con Il commissario Maigret con Gino Cervi, e con diverse messe in scena di opere teatrali, sempre con un occhio di riguardo a Pirandello.

Nel 1977 ottiene la cattedra di regia all'Accademia di Arte Drammatica. La manterrà per vent'anni.

Nel 1978 esordisce nella narrativa con "Il corso delle cose", scritto 10 anni prima e pubblicato da un editore a pagamento con l'impegno di citare l'editore stesso nei titoli dello sceneggiato TV tratto dal libro, "La mano sugli occhi": è un insuccesso, il libro non viene notato praticamente da nessuno. Due anni dopo, nel 1980, pubblica con Garzanti Un filo di fumo, primo di una serie di romanzi ambientati nell'immaginaria cittadina siciliana di Vigàta a cavallo fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.

Nel 1992 riprende a scrivere dopo 12 anni di pausa e pubblica La stagione della caccia con Sellerio Editore: Camilleri diventa un autore di grande successo e i suoi libri, ristampati più volte, vendono mediamente intorno alle 60 mila copie.[2]

Nel 1994 esce con La forma dell'acqua, primo romanzo poliziesco con il Commissario Montalbano, e arriva il grande successo: Camilleri ha 69 anni.

Dal 1995 al 2003 si amplia il fenomeno Camilleri. Titoli come Il birraio di Preston (1995) (il libro ai suoi tempi più venduto con quasi 70 mila copie), La concessione del telefono e La mossa del cavallo (1999) vanno a ruba, mentre la serie televisiva su Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, ne fa ormai un autore cult.[3] Alla fine del 2002, accettando l'invito dell'amministrazione comunale, accetta la nomina di Direttore artistico del Teatro Regina Margherita di Racalmuto che sarà inaugurato nel febbraio del 2003 alla presenza del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi.

Nel 2004 esce La pazienza del ragno, a marzo 2005 esce Privo di titolo, il 23 giugno 2005 esce La luna di carta che vede protagonista il Commissario Montalbano. Anche questi volumi sono pubblicati da Sellerio.

Da non dimenticare anche il romanzo Il re di Girgenti, ambientato nel Seicento, interamente scritto in siciliano inframezzato con lo spagnolo.

Nell'aprile 2006 esce, sempre per Sellerio, il decimo romanzo che ha per protagonista il Commissario Montalbano: La vampa d'agosto.

Nel novembre 2006 esce l'undicesimo romanzo del Commissario Montalbano: Le ali della sfinge, sempre edito da Sellerio, per la collana La Memoria.

Nel marzo 2007, edito da Sellerio, per la collana La Memoria, esce Le pecore e il pastore e nel giugno dello stesso anno, sempre per la collana La Memoria, esce La pista di sabbia, il dodicesimo romanzo del Commissario Montalbano. Nel febbraio 2008, esce per Mondadori Il tailleur grigio.

Fino ad oggi Camilleri ha venduto 10 milioni di copie.
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Messaggio  mr. Z Mar 25 Mar 2008 - 4:36

STORIE DI ORDINARIA FOLLIA (Charles Bukowski)

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Il titolo originale è Erections, ejaculations, exhibitions and general tales of ordinary madness (1967) e la dice lunga sul contenuto, già solo dalle tre parole che nella versione italiana sono state censurate (strano vero?!). Si tratta, in sostanza, di una autobiografia di Bukowski in forma di numerosi brevi racconti che descrivono la vita di uno scrittore squattrinato che trascorre le sue giornate a Los Angeles tra corse di cavallo all'ippodromo, sbronze colossali e donne di dubbia moralità. Il tutto condito da una profonda sensibilità artistica e umana che, per difendere se stessa, si nasconde dietro un cinismo spietato e ad alto gradiente alcolico. Bukowski non racconta balle, né a se stesso né agli altri: è miseramente schietto perché nella miseria umana vede l'unica condizione in cui vivono gli uomini. Ne è cosciente, sa che così non dovrebbe essere, ma sa anche di non avere le forze per opporsi e così, alla fine, cerca di trarre il massimo che può da un mondo malato e destinato all'autodistruzione. La follia: della storia, dell'umanità, dei politici, fino alla follia di ogni singolo uomo (lui compreso), di ogni donna (le donne poi sono tutto un capitolo a parte!), di ogni speranza vana, di ogni menzogna che raccontiamo agli altri e a noi stessi cercando con tutte le forze di crederci...questo, in fondo, è il tema prediletto di Bukowski. La vita, la morte, l'amore, il sesso, il denaro...tutto visto in un'ottica profondamente cupa e pessimista che, dopo tutto, dà all'autore stesso l'alibi che cerca per non sottostare a nessuna regola, per non dover rispondere a nessuno. In un racconto scrive che, alla visita militare, gli fu congedato con un: "Troppo sensibile per andare in guerra", e, tutto sommato, è questa la sintesi più sincera che si può fare della sua opera e della sua vita, considerato che i due aspetti, nel suo caso, erano intrinsecamente legati. Bukowski riesce a vedere con perfetta lucidità l'infelicità umana, la follia dell'oppressione dell'uomo sull'uomo, è un maestro nel dare quadri psicologici completi e dettagliati, se pur brevi come flash, dei personaggi più disparati. E i personaggi che descrive sono le persone che incontra nella sua vita, i disperati che giocano ai cavalli perdendo il lavoro e la famiglia per inseguire la chimera della ricchezza, della felicità; gli ubriaconi dei bar che frequenta, le donnette che bazzicano gli ippodromi. Una vastissima umanità normalmente nascosta negli strati più bassi della società che Bukowski ci mostra senza pietà, come alzasse un grosso masso e scoprisse tutto ciò che vive senza luce. E lo fa anche con un certo autocompiacimento: sia di appartenere a quel mondo, di essere un reietto della società "normale" ma anche di non sentirsene parte, di distinguersene perché lui è prima di tutto un grande scrittore, semmai dopo è un giocatore, un alcolizzato, un puttaniere. Ma non è uno stupido, sotto sotto sa benissimo che anche il suo non è altro che un modo di essere infelice e di nascondersi dietro ogni scusa, ogni autoinganno possibile, eppure non è capace di uscire da questo impasse, anche e soprattutto perché non gliene frega niente! E' questo, forse, il grande elemento di scarto rispetto a una tradizione letteraria cosiddetta della beat generation che dà l'impressione, a volte, di piangere su se stessa nell'attesa o nella speranza di qualcosa di migliore, del miracolo. Bukowski no, non s'attende nulla di buono dal mondo, è un egoista di primo ordine. La sua filosofia è vivi e lascia vivere che tanto non c'è speranza di salvezza per nessuno. La sua passione per le corse è quasi quella di un attento indagatore sociologico, è quella massa informe e colorata di strani personaggi variopinti che lo attira in maniera irresistibile, è per lui l'humus fertile dal quale trarre spunto per i suoi racconti. Con il gioco in sé, al contrario di molti, ha un rapporto quasi scientifico, tanto che non raramente ne esce in positivo fino quasi a poterci tirare avanti per un pò (insieme ai pochi soldi che riesce a mettere insieme con le poesie e i racconti). L'alcool e le donne sono per lui un rifugio dalla realtà, un breve momento d'oblio dove trovare pace, ma al di là di tutto questo la sua visione della vita e del mondo è chiara e sconfortante.

Forse è proprio questo che l'ha reso "antipatico" a tanta critica. Spesso è stato accusato di essere uno scrittore cinico e volgare ma, a mio parere, quello che a molti critici può esser sembrato inaccettabile è la sua visione spietatamente nichilista, quel suo mettere a nudo ogni aspetto miserevole della vita umana mostrandocelo così com'è: nudo e crudo e, soprattutto, senza nessuna possibilità di riscatto o di redenzione. Anche se, in fondo al suo cuore così ostentatamente duro e freddo, il sogno del riscatto e della redenzione è costantemente presente nella sua opera. Tutti i suoi personaggi aspirano a riscattarsi, a uscire da quella feccia puzzolente in cui sono infognati, e lui per primo sogna...e scrive per dare voce a quella vita miserabile, ma anche perché sogna che questo scrivere lo riscatti (come, infatti, poi avvenne). Ma non permette mai che la sua sensibilità più profonda emerga in superficie senza il suo consenso, ma è impossibile che questa non si percepisca, ed è in proprio in questo perenne contrasto e in questa tensione altalenante che ci appare l'uomo artista e autore nella sua essenza più profonda.
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Messaggio  mr. Z Mar 25 Mar 2008 - 4:42

L'ISLAM SPIEGATO AI NOSTRI FIGLI (Tahar Ben Jelloun)

un mondo di libri 8845251411

In sintesi
L'11 settembre 2001 il mondo occidentale viene colpito: due aerei crollano sulle torri gemelle a Manhattan, l'America è sconvolta, la paura di altri attacchi terroristici si diffonde, ogni arabo diventa sospetto. E' su tale scenario che nasce questa conversazione tra Tahar Ben Jelloun e sua figlia - dieci anni - a disagio con se stessa, con le proprie origini musulmane, di fronte a una televisione che continua a dire "che i musulmani sono tutti cattivi". Ben Jelloun spiega, con semplicità ma rifuggendo ogni semplificazione, cos'è l'Islam, qual è la differenza tra arabo e musulmano, cos'è il fanatismo, cos'è il terrorismo, quale spazio ha la tolleranza nel mondo arabo, quali lezioni ha dato all'Occidente.

PER VEDERE DELLE CRITICHE FATTE A QUESTO LIBRO: http://www.internetbookshop.it/code/9788845251412/ben-jelloun-tahar/islam-spiegato-nostri.html
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Messaggio  G@lloR Mar 25 Mar 2008 - 12:32

il mio primo libro

un mondo di libri Gianburrasca
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Messaggio  robin hood Mar 25 Mar 2008 - 13:26

VALERIO MASSIMO MANFREDI

un mondo di libri L_arma10

401 a.C. Spossata da trent'anni di guerra tra Atene e Sparta, la Grecia è in ginocchio. Nel momento di più profonda crisi di quei valori che resero grande la civiltà ellenica, il comandante Clearco arruola un esercito di mercenari greci. Quale sia la vera missione di questo esercito che passerà alla storia come l'armata dei "Diecimila" non è chiaro. Si sa che dovrà addentrarsi profondamente in territori misteriosi e ostili, nel cuore stesso dell'impero persiano; si sa che è al soldo del principe Ciro, fratello del Gran Re Artaserse. La motivazione ufficiale, sgominare tribù ribelli, non convince nessuno. Alla spedizione, come di consueto, sono aggregate anche numerose donne. E allora Valerio Massimo Manfredi fa raccontare la grande epopea dell'"Anabasi" di Senofonte - resoconto dell'incredibile marcia di ritorno di quell'esercito dall'odierno Iraq attraverso l'Armenia fino al mar Nero - da una donna. E' Abira - una ragazza che abbandona il polveroso villaggio di Beth Qadà per seguire il guerriero a cavallo Xeno che un giorno le è apparso come un giovane dio, con una promessa d'amore, di avventura, di vita diversa nello sguardo - a narrare quell'eroica impresa di uomini, quella titanica sequela di battaglie campali, di agguati, di marce forzate per deserti roventi e gelide montagne, torrenti vorticosi e tundre innevate: e attraverso i suoi occhi innocenti ma avidi di conoscenza come quelli di ogni donna innamorata tutto acquista un'altra luce. L'irruenza, i complotti, la furia cieca degli uomini appaiono sempre, in queste pagine, come filtrati dalla ferma dolcezza, dalla infinita capacità di sacrificio delle donne. E così la fredda lucidità di Xeno, la disumana ferocia di Menon di Tessaglia, il realismo amaro di Sophos si mescolano all'amorosa dedizione di Abira, alle raffinate seduzioni di Melissa, alla muta capacità di sopportazione di Lystra. Sembra che gli esseri umani siano costruiti per superare ogni prova e qualsiasi avversità, ma non è davvero così. C'è un limite che non si può, non si deve oltrepassare. In battaglia come nei sentimenti. Il colpo di scena finale che scioglie questa grandiosa avventura ci dirà quale sia questo limite e quale fierezza alberghi nel petto di diecimila indomiti guerrieri o di una sola donna innamorata.
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Messaggio  taita Mer 26 Mar 2008 - 11:18

Luis Sepulveda ha pubblicato Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare nel 1996. Il romanzo, dato il suo valore educativo, è stato poi proposto agli alunni di scuola elementare e media inferiore riscuotendo un grande successo.
un mondo di libri Gabbia10

“Promettimi che non mangerai l’uovo”
stridette aprendo gli occhi.
“Prometto che non mi mangerò l’uovo”
ripetè Zorba.
“Promettimi che ne avrai cura finchè
non sarà nato il piccolo” stridette
sollevando il capo.
“Prometto che avrò cura dell’uovo
finchè non sarà nato il piccolo”.
“E promettimi che gli insegnerai
a volare” stridette guardando fisso
negli occhi il gatto.
Allora Zorba si rese conto che
quella sfortunata gabbiana non solo
delirava, ma era completamente pazza.
“Prometto che gli insegnerò
a volare. E ora riposa,
io vado in cerca di aiuto” miagolò
Zorba balzando direttamente sul tetto.
Queste sono le promesse che la gabbiana Kengah riesce a strappare in fin di vita ad un grosso gatto nero di nome Zorba. Kengah si era poco prima tuffata nell’oceano per acchiappare qualche aringa insieme ai suoi compagni, ma quando aveva tirato fuori la testa si era ritrovata sola in quell’immensità. Il resto dello stormo era volato via e il mare era una distesa di petrolio che presto l’avrebbe asfissiata penetrando tra le piume e tappandole tutti i pori. Con enorme fatica spicca il volo, raggiunge la terra ferma, ma precipita su un balcone di Amburgo. Ed è proprio qui che incontra il gatto Zorba cui affida l’uovo che sta per deporre. Ma come potrà Zorba tenere fede alle tre promesse fatte, in particolare a quella di insegnare a volare? Avrà certamente bisogno dell’aiuto dei suoi amici Diderot, Colonnello e Segretario, ma anche quello di qualcun altro…
Lo scrittore cileno, attraverso questo racconto-fiaba tocca temi a lui molto cari: parte dall’amore per la natura minacciata dagli atteggiamenti distruttori e menefreghisti dell’uomo e prosegue con la solidarietà e la generosità di esseri disinteressati e altruisti. Ma forse la cosa che maggiormente colpisce è il messaggio di speranza che trapela attraverso il riconoscere all’uomo non solo il ruolo di inquinatore e responsabile di disastri , ma anche quello di aiuto e contributo indispensabile all’equilibrio della natura in pericolo.
Un racconto dolce e forte allo stesso tempo, adatto certamente a bambini e ragazzi, ma in grado di catturare l’attenzione anche di adulti sensibili alle tematiche della natura e a quelle della solidarietà. Una solidarietà priva di confini e barriere. O forse sarebbe più corretto parlare di barriere che possono essere valicate con un pizzico di impegno e buona volontà.
A volte imparare a volare è un insegnamento che viene da chi meno ti aspetti. E non dimentichiamo:“Vola solo chi osa farlo”.
un mondo di libri Sepulv11
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Messaggio  taita Mer 26 Mar 2008 - 11:23

un mondo di libri Il20ga10

Il gabbiano Jonathan Livingston non è un gabbiano come tutti gli altri. E’ un gabbiano che scopre la bellezza di librarsi nel cielo, che cerca la perfezione nel volo perché crede che il volo stesso abbia una sua insita bellezza. Non vuole più seguire la massa, rifiuta la vita dello stormo, non vuole volare solo alla ricerca di cibo, ma aspira ad un ideale diverso, ad un ideale di libertà, di spazi e cieli azzurri, di calore e luce, di soffio di vento e mare spumeggiante. Dal racconto emerge il desiderio di lottare e di distinguersi, di ottenere quello in cui crede anche a costo di non essere compreso dalla propria famiglia e dai propri simili, di essere etichettato come scomodo e ribelle. Atteggiamenti che potrebbero essere quelli di un uomo anticonformista, un uomo che cerca di raggiungere i propri traguardi, la propria forma di successo anche quando non rappresenta quanto la società si attende da lui. Diventa così il simbolo di chi ha il coraggio di seguire la propria legge interiore e non si lascia influenzare dai pregiudizi degli altri. E’ una metafora che riflette la condizione umana troppo spesso costretta in schemi e ruoli ingessati che non lascia spazio alla fantasia, alle aspirazioni e ai sogni.
Bach, che oltre ad essere scrittore è anche pilota, riesce ad affascinare con una storia semplice dal clima narrativo insolito e a trasmettere emozioni e desiderio di avventura. E’ forse un monito, un invito a non perdersi d’animo, a seguire la propria natura e a non smettere mai di osare.
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Messaggio  taita Mer 26 Mar 2008 - 11:26

un mondo di libri 1069482454_7e8b612b20_o

Orgoglio e pregiudizio, il più celebre romanzo della scrittrice britannica Jane Austen, fu scritto tra il 1796 e il 1797 originariamente con il titolo First impressions e poi pubblicato anonimamente in seguito ad un processo di revisione nel 1813.
Narra la storia della rispettabile famiglia Bennet composta dai genitori e dalle cinque sorelle Bennet: Jane, Elizabeth, Mary, Catherine e Lydia. Mrs Bennet è una donna priva di intelligenza, frivola, indelicata e capace di assumere dei comportamenti oltremodo imbarazzanti. Ha un unico scopo nella vita: trovare un buon marito alle figlie. Mr Bennet è al contrario intelligente, un gentiluomo prudente ma anche ironico e sarcastico in particolare nei confronti degli atteggiamenti della moglie e molto legato alla frizzante Elizabeth, la sua secondogenita.
Jane ed Elizabeth sono legate da sincero affetto e sono intelligenti e delicate, forse anche grazie all’influenza che il padre ha avuto su di loro; al contrario le sorelle minori Catherine e Lydia sono sciocche, prive di buon senso, interessate unicamente al divertimento e influenzate dagli atteggiamenti della madre.
Quando il giovane, ricco e scapolo Mr Bingley si trasferisce a Netherfield con le due sorelle e l’amico Fitzwilliam Darcy, vicino alla tenuta dei Bennet, Mrs Bennet freme all’idea di creare prima possibile l’occasione di presentargli le figlie.
“E’ un fatto universalmente noto che uno scapolo provvisto di un cospicuo patrimonio non possa fare a meno di prendere moglie. Per poco che si conoscano i sentimenti o le intenzioni di un uomo ricco e senza moglie al momento del suo primo apparire in un certo luogo, questo fatto è così radicato nella mente delle famiglie del vicinato, che egli viene considerato legittima proprietà dell’una o dell’altra delle loro delle loro figliuole.”

Ed è infatti al ballo tenuto dal vicino Sir Lucas che Jane, la maggiore delle Bennet, e Bingley si conoscono e successivamente si innamorano. Ma mentre Bingley, durante il ricevimento, si diverte e balla continuamente con Jane, l’amico Darcy resta in disparte, balla raramente e parla solo con le sorelle di Mr Bingley che conosce bene. Questo atteggiamento gli procura la considerazione di ricco signore superbo e altezzoso. E quando Darcy definisce Elizabeth “appena passabile, ma non abbastanza bella da tentarlo”, la seconda delle Bennet lo prende definitivamente in antipatia. Il giorno dopo il ballo, le sorelle Bennet si recano nella vicina città di Meryton, luogo in cui viene dispiegato l’esercito e dove conoscono Mr Whickham. Questi dichiara di aver vissuto a lungo durante l’infanzia con Mr Darcy e confida ad Elizabeth di essere stato derubato dell’eredità lasciatagli dal padre di Mr Darcy proprio per la cattiveria e la gelosia del figlio nei suoi confronti. Nei giorni successivi Jane si reca a trovare Miss Bingley, ma colta da un temporale che le provoca un seria influenza, è costretta a rimanere per alcuni giorni a casa dei Bingley. Il padrone di casa, già invaghitosi di Jane è felicissimo di averla sotto lo stesso tetto. Non altrettanto felici di questo soggiorno sono Darcy e Miss Bingley. Elizabeth, preoccupata per la salute della sorella, si reca dai Bingley per assisterla. Ed è proprio in questa occasione che Mr Darcy approfondisce la sua conoscenza e si scopre innamorato di lei, suo malgrado. Nel frattempo la tenuta dei Bennet, Longbourn, viene scossa dall’arrivo del cugino Mr Collins, pastore presso la tenuta di Lady Catherine De Bourgh nel Hertfordshire. Non avendo avuto Mr Bennett figli maschi, Mr Collins è l’erede di Longbourn. E’ infatti arrivato dai Bennett con l’intenzione di sposare una delle figlie ed evitare che alla morte del padre queste si trovino senza un tetto sopra la testa. La sua scelta cade sulla bella primogenita Jane, ma la madre le fa capire che Jane è già impegnata. Esclusa Jane si butta a capofitto nel corteggiamento di Elizabeth che però lo rifiuterà senza possibilità di ripensamenti. Durante un ballo organizzato da Mr Bingley, l’interesse di questi per Jane diviene palese, mentre i sentimenti di Jane, che ha semplicemente paura di esporsi, rimangono un po’ nell’ombra. L’amico Darcy si convince che Jane non è innamorata; inoltre il comportamento frivolo delle sorelle minori Catherine e Lydia, nonché l’incapacità di tenere un comportamento sociale decoroso dei genitori lo inducono a allontanare Bingley da Netherfield per evitare un matrimonio poco vantaggioso. Jane ne rimane addolorata ed Elizabeth crede ancor più nella pochezza di buoni sentimenti di Mr Darcy capace di influenzare l’amico senza pensare alle sofferenze che i suoi comportamenti causano. In seguito Mr Darcy e Elizabeth si incontreranno nuovamente e il giovane non potrà fare a meno di confessare il suo sentimento per lei. Ma Elizabeth non ama la presunzione e l’arroganza di chi si crede superiore. Ed inoltre il pregiudizio nutrito da tempo nei suoi confronti non le lascerà scampo… Non procedo oltre nella descrizione della trama perché merita davvero di essere letta.
I temi principali del romanzo sono proprio l’orgoglio di classe di Mr Darcy che dall’alto della sua posizione economica e sociale crede di non poter ricevere alcun rifiuto e il pregiudizio di Miss Elizabeth Bennet che crede invece di sapere e di conoscere una persona da ciò che si dice di lei. E’ una storia d’amore, anzi è una delle più belle storie d’amore mai scritte. Una storia poetica, ironica e intelligente i cui personaggi sono caratterizzati nei comportamenti e nella psicologia in maniera dettagliata e precisa. Romantica senza essere melensa e dolce senza sciocchi sentimentalismi. Differenze di classe, satira delle vanità e debolezze della vita domestica osservate da uno spirito arguto e implacabile. E’ un racconto davvero splendido che non può mancare nella biblioteca di un appassionato lettore.
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Messaggio  taita Mer 26 Mar 2008 - 11:44

un mondo di libri 2eb0_1

Un libro eccezionale nel suo genere... un racconto di vita, morte e rinascita. Kuki Gallmann, veneziana, da bambina sognava l'Africa, a venticinque anni, divorziata e sconvolta da un terribile incidente, decide di stabilirsi in Kenya con il futuro secondo marito, Paolo. E' un periodo di continue scoperte e meraviglie nel grande ranch in mezzo alla pianura di Laikipia, ma la felicità è offuscata dalla morte di Paolo e in seguito del figlio adolescente Emanuele. Kuki rimane sola con la figlia Sveva e 90.000 acri di terra africana a cui badare. In ricordo del marito e del figlio, fonda la Gallman Memorial Foundation, una organizzazione che studia nuovi metodi per la conservazione della meravigliosa natura africana.
Una storia vera, scritta con la grande passione che Kuki ha nel raccontare della "Sua Africa". La pagina d’apertura di "Sognavo l’Africa", reca una dedica "In memoria di Paolo e di Emanuele" ed una citazione significativa: "A hope beyond the shadow of a dream". "Una speranza oltre l’ombra di un sogno", di John Keats.
A dire il vero tutti i capitoli sono introdotti da versi di autori famosi che vanno da Milton a Pascoli, da Dante a Marcel Proust, segno della profonda cultura di una donna che ha sfidato se stessa e la sua vita per rinascere e ritrovarsi. L'Africa come regno della vita, della morte e della rinascita. Questa è l’Africa di Kuki. La fonte della bellezza superiore e del dolore infinito, dei paesaggi sterminati e delle ombre nemiche, dell’amore totale ed inebriante e della tragedia più amara. Ma è anche l’Africa della speranza, della forza e del coraggio, la terra a cui devi darti per poi ottenere: la sua anima ti prende permettendoti di affermare tutto il tuo essere e di trionfare sulle illusioni. Ma il tributo da pagare è altissimo perché non esiste un paradiso terrestre senza un animo elevato in grado di costruirlo, un animo che ha saputo sollevarsi al di sopra del dolore riconoscendone il significato.

Kuki Gallmann (Treviso, 1943) è una scrittrice italiana.
Nel 1972 si è trasferita in Kenya col secondo marito Paolo e il figlio Emanuele, morti tragicamente rispettivamente nel 1980 e nel 1983. In loro memoria ha fondato nel 1984 la Gallmann Memorial Foundation, un'organizzazione che si occupa della salvaguardia dell'ambiente. Ha dato vita a diverse altre iniziative umanitarie e scientifiche. Mesi dopo la morte del marito, la Gallman diede alla luce una figlia, Sveva.
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Messaggio  Meo Sab 29 Mar 2008 - 2:56

un mondo di libri Acf26611

"Quando lessi la Nube Purpurea pensai che forse si, c'era un misterioso, occulto, magmatico e magnetico caso Shiel. La nube purpurea era un libro matto e rapinoso, un sogno, un delirio, un allucinazione, era un oggetto letterario di forma e dimensioni inconsuete; era un animale impossibile, venuto dallo spazio o forse salito dalle schiume d'Acheronte. Teneva assieme l'accelerazione perversa di questo libro la cupa, geometrica concentrazione, un unità di tema che s'accompagnava ad una estrema sobrietà di personaggi, un Adamo ed una Eva, unici abitanti di un mondo disfatto. Se ripenso ora la riuscita straordinaria ed enigmatica della nube purpurea, mi pare che essa fosse dovuta appunto all'intervento di una poderosa figura retorica, l'antica "unità", che aveva tenuto assieme un materiale che aspirava al riposo del delirio. Quella "unità" aveva agito sulla vocazione caotica del linguaggio, l'aveva gelato in una forma che rancorosamente reggeva"
-Dalla prefazione.

Pubblicato nel 1901, racconta la storia di Adam Jefferson, unico sopravvissuto della prima spedizione arrivata al polo nord, inconsapevole responsabile dello scatenarsi della collera divina sull'umanità. L'autore è il capostipite della letteratura fantastica e di molte delle sue ormai abusate idee ,ad es.fu il primo a descrivere degli esseri provenienti dallo spazio (in "the young men are coming") . Shiel è uno degli autori inspiegabilmente dimenticati dal grande pubblico, la cui vita sembra veramente seguire la trama dei suoi romanzi ( Nato nelle Indie Occidentali, era figlio di un predicatore irlandese che lo fece incoronare, a 15 anni, re di un isoletta dei caraibi!), dotato inoltre di un inquietante tendenza alla preveggenza, nella nube purpurea anticipa le teorie di wegener sulla deriva dei continenti, mentre in un altro romanzo, "Prince Zalewsky", appare incredibilmente la "Società di Sparta" (SS?!) che si occupa di eliminare i membri considerati inutili per la società.

DICONO DI LUI:

Hugh Walpole: Un genio Fiammeggiante...il migliore scrittore inglese di oggi
H.G. Welles: Colossale...brillante
L.P. Hartley: Un maestro della parola scritta
E.M. Benson: I suoi romanzi sono una felicissima escursione nell'incredibile
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Messaggio  Ladyhawke Dom 30 Mar 2008 - 21:49

..il primo libro da adolescente...anni difficili....libri importanti...donne che parlavano di se...un dialogo con un figlio che ancora non è nato...che già crea problemi...libro cult...di una grande ed intensa oriana fallaci...donna ....difficilmente donna....


un mondo di libri Letter10


Questo monologo di Oriana Fallaci è interessante perché mostra non solo l'aspetto umano ed anticonformista di una scrittrice, ma soprattutto perché ricco di spunti di riflessione, idee, affermazioni della propria personalità, intuizioni e ribellioni.
E' il monologo dell'autrice con suo figlio, la cui gestazione comporta innumerevoli problemi per la protagonista: una sorta di dialogo prenatale. E' una gestazione difficile innanzitutto perché, per una donna negli anni Settanta, essere sola, non sposata, con relazioni passeggere, è come essere rea confessa del peccato di anticonformismo. In un mondo in cui la donna, anche professionalmente evoluta come la Fallaci, è vista come impossibilitata a vivere senza il supporto maschile, questa maternità diviene ancor più stimolo all'emancipazione dell'autrice. Un'emancipazione che è sentita come necessaria, improrogabile, e che la protagonista porta fin alle estreme conseguenze.
La struttura dialogica è basata su due istanze: il dialogo dell'io della protagonista con sé stessa, il dialogo dell'io con l'alter, che è rappresentato dal figlio nascituro. Poche sono le eccezioni, quando la madre si rivolge ai medici per controllare lo stato di salute dell'embrione (con una spiccata diffidenza verso la sfera maschile autoritaria), quando si rivolge al padre del nascituro, che è sempre presente nel romanzo perlopiù come fonte e stereotipo dei problemi culturali del periodo.
La protagonista sembra percorrere un cammino decisamente solitario, nel bene e nel male, ma ciò che più rende apprezzabile questo volume, è proprio la sua collocazione storico-culturale e, visto nell'ottica della lotta per l'emancipazione femminile, è una tappa importante dell'affermazione dell'ego femminino contro l'alter maschile, spesso egocentrico e imperioso. La dote più apprezzabile di questa come delle altre opere della Fallaci, è quella di presentarci una femminilità vivida ma non mai convenzionale, dove l'arte letteraria non è disgiunta dall'eleganza, dove il nesso fra le due metà del cielo diviene effimero. Un modo di scrivere che ottiene, per antitesi con il lascito letterario patriarcale, una nuova istanza di femminilità attiva, coerente, impetuosa (al contrario ad esempio di quanto avviene per Banana Yoshimoto in romanzi come "Amrita").


Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice italiana, è nata a Firenze il 29 giugno 1929, negli anni del potere fascista.
Sulla sua vita, sin da bambina, ebbe una importante influenza la figura del padre, un uomo dalle idee liberali e democratiche, antifascista e fortemente contrario al potere di Mussolini ed alle sue politiche sociali.
Quando l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale Oriana Fallaci aveva poco più di dieci anni. Tuttavia molto presto, coerente ai valori umani, morali e sociali inculcatile dal padre, si sentì pronta ad affiancarlo nella lotta contro il fascismo.
Nonostante la sua giovane età divenne membro del corpo dei volontari per la libertà, e con il nome di Emilia svolse una serrata opposizione al regime, nell'ambito del movimento clandestino di resistenza. Non interruppe la sua militanza neppure di fronte all'arresto del padre, che avvenne quando Firenze fu occupata dalle truppe naziste. Il padre, imprigionato nelle durissime carceri fasciste, venne crudelmente torturato prima di essere rilasciato vivo.
Oriana Fallaci a quattordici anni, per questo suo intenso attivismo svolto durante la guerra, ha ricevuto un riconoscimento d'onore dall'Esercito Italiano.
Nel 1945, al termine del conflitto, Oriana Fallaci riprese gli studi e all'età di sedici anni conseguì la maturità classica. Immediatamente dopo ebbe inizio la sua attività di giornalista, attraverso la collaborazione con diversi quotidiani, prima presso "Il Mattino dell'Italia centrale", poi presso "Epoca" e, infine, nel 1953, presso il settimanale l"Europeo".
La sua capacità intuitiva, la sua originalità, la conoscenza profonda e intelligente di uomini e cose, insieme ad una certa spregiudicatezza, le valsero in poco tempo incarichi importanti che la videro inviata speciale in zone di guerra particolarmente pericolose, come il Vietnam, il Pakistan, il Medio Oriente e il Messico. In quest'ultimo paese, dove era andata per documentare una rivolta di studenti, rimase coinvolta nella strage del 2 ottobre 1968, e fu colpita da una raffica di mitra.
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Messaggio  visir Lun 31 Mar 2008 - 11:41

taita ha scritto:un mondo di libri 2eb0_1

Un libro eccezionale nel suo genere... un racconto di vita


..perchè... questo scritto dal Gallo è da meno?? Very Happy Very Happy Very Happy Very Happy

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Messaggio  taita Lun 31 Mar 2008 - 12:10

Visir...hai scordato di scrivere le tue impressioni sull'ultimo libro...che x caso non l'hai ancora finito di leggere? Cool
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Messaggio  Ladyhawke Lun 31 Mar 2008 - 15:26

..no lui guarda solo le figure.... Cool
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Messaggio  Ladyhawke Sab 12 Apr 2008 - 15:59

un mondo di libri Signor10

...letto in un periodo in cui tolkien non era certo così famoso, il libro sicuramente appare preoccupante se non altro per la mole Very Happy
molto diverso dai film che ne hanno tratto...
il lato oscuro nel fantasy emoziona sempre...
ben scritto, ben descritti i personaggi.....bello per chi ama il genere ..
interessanti le sue chiavi di lettura....
non facile per chi si avvicina per la prima volta a questo genere di narrativa....




Il Signore degli Anelli (titolo originale in inglese: The Lord of the Rings) è un romanzo epico fantasy scritto da John Ronald Reuel Tolkien e ambientato alla fine della Terza Era, nell'immaginaria Terra di Mezzo.

Scritto a più riprese tra il 1937 e il 1949, fu pubblicato in tre volumi tra il 1954 e il 1955. Tradotto in almeno 38 lingue con decine di riedizioni ciascuna, resta una delle più popolari opere letterarie del XX secolo.

La narrazione riprende dove si era interrotto un precedente romanzo dello scrittore inglese, Lo Hobbit, ma la storia di «Frodo dalle nove dita e l'Anello del Fato» narrata nel cosiddetto Libro Rosso dei Confini Occidentali si inserisce ora in un'ambientazione di più ampio respiro, attingendo pienamente al vasto corpus storico, mitologico, linguistico creato ed elaborato dall'autore nel corso di tutta la sua vita. Essa narra della missione di nove Compagni, la Compagnia dell'Anello, la quale rappresenta tutte le genti dei Popoli Liberi della Terra di Mezzo, partiti per distruggere il più potente Anello del Potere, che renderebbe invincibile il suo padrone Sauron se solo ritornasse nelle sue mani.

L'intera saga ha esercitato nel tempo un influsso culturale e mediatico a diversi livelli, ottenendo attenzione sia da parte di critici, autori e studiosi (sono stati prodotti molti saggi e ricerche, anche a livello accademico, sui testi tolkeniani) che da parte di semplici appassionati che hanno dato vita a gruppi e associazioni culturali, come le varie società tolkieniane, sparse in tutto il mondo.
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Messaggio  visir Sab 12 Apr 2008 - 16:03

importante comunicazione di servizio: ledy, lei ha letto la grammatica di dio di stefano benni?
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Messaggio  Ladyhawke Sab 12 Apr 2008 - 16:08

..è sul mio comodino...perche ?
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Messaggio  visir Sab 12 Apr 2008 - 16:44

... così.. il visir lo sta leggendo... e gli veniva in mente la sua ledy.. allora.. gliera venuta l'idea di regalarglielo... Embarassed
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Messaggio  Ladyhawke Dom 13 Apr 2008 - 21:20

..lei è sempre molto gentile...ma aspetto un altro libro da lei..sa quale intendo...non stia a costruirci chissà quale fantasia.... Embarassed
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Messaggio  Ladyhawke Dom 13 Apr 2008 - 23:15

un mondo di libri 58969010

letto in lingua originale..rende molto...
..cosa si può dire di un capolavoro..senza cadere nell'ovvio..
...anticipa il decadentismo...è stato censurato..amato e odiato..come tutti i libri che portano a pensare profondamente..a mettersi in gioco....
vi sono cose che ho capito altre che mi hanno visto perplessa...ma mai annoiata...
..lettura estremamente difficile...


A detta dello stesso Baudelaire l'opera va intesa come un viaggio immaginario che il poeta compie verso l'inferno che è la vita. Nella prima sezione "Spleen et ideal" Baudelaire esprime lo stato di malessere del poeta (figura fondamentale nella sua produzione). Egli è uno spirito superiore capace di elevarsi al di sopra degli uomini e di percepire con la sua sensibilità innata le segrete corrispondenze tra gli oggetti, i profumi e gli elementi della natura (Correspondances), ma proprio a causa delle sue capacità il poeta è maledetto dalla società (Benedition) e diventa oggetto di scherno per gli uomini comuni. Baudelaire sceglie l'albatros per simboleggiare questa condizione, come il grande uccello marino infatti, il poeta si eleva ai livelli più alti della percezione e della sensibilità ma una volta sulla terra ferma non riesce a muoversi proprio a causa delle sue capacità (paragonate alle ali dell'albatros). La causa della sofferenza del poeta è lo spleen (letteralmente "milza"), un angoscia esistenziale profonda e disperata che lo proietta in uno stato di perenne disagio che Baudelaire descrive in ben quattro splendidi componimenti tutti col titolo di "Spleen
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Messaggio  visir Dom 13 Apr 2008 - 23:25

L'Espoir, vaincu, pleure, et l'Angoisse atroce, despotique, sur mon crâne incliné plante son drapeau noir..

che strano Ledy... perchè secondo lei questi versi hanno tanta presa nell'età più sbagliata?
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Messaggio  Ladyhawke Dom 13 Apr 2008 - 23:29

..hanno presa subito...ci pensiamo dopo... ci vuole tempo per capire le cose più evidenti...
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Messaggio  taita Lun 14 Apr 2008 - 11:22

Scusate...cari amici....ma una piccola traduzione x i poveri cristi che parlano (...spesso anche a stento) solo la lingua italiana?.... Embarassed
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